VAL
DI RABBI MISTERIOSA (TN)
di
Franca Emanuelli e Luca Webber
La
nostra prima scoperta in Val di Rabbi, risale ormai a parecchi anni
fa, quando ancora l’associazione Val di Sole Antica non esisteva.
Da poco tempo Renato Possamai, che poi diventerà parte attiva
dell’Associazione, ci aveva parlato delle “coppelle”, a noi
allora sconosciute, spiegandoci che in archeologia, come coppelle
vengono definite quelle concavità più o meno numerose e di diametro
vario, ricavate dalla scalpellatura e/o dallo sfregamento di una
superficie rocciosa solitamente piatta che l’uomo ebbe a praticare
con strumenti di pietra o di metallo in gran parte del mondo.
Innumerevoli congetture sono state formulate ma nessuno attualmente è
in grado di capirne il vero uso. L’ipotesi più accettata dagli
studiosi di tutto il mondo è che si tratti di Culti legati
alla natura, in particolare “culto dell’acqua” della
“pietra” o del “sole/luna” (fertilità/nascita
- solstizi/equinozi – agricoltura). Ci affascinò a tal punto che
cominciammo a trovarle, o forse sarebbe meglio dire a notarle,
durante il nostro girovagare per i monti, castelli e chiese. Un
giorno d’estate del 2008, durante la nostra escursione annuale al
rifugio Stella Alpina al Lago Corvo, camminando al di fuori dei
sentieri ad un altitudine di circa 2500 metri, ci siamo sentiti
attirati verso un sasso, e lì abbiamo rinvenuto il nostro primo
masso coppellato in Val di Rabbi, con incise tre coppelle ben
definite e di diverse dimensioni.
Nella
primavera del 2010 per un insieme di fortunati eventi nasce
l’Associazione Val di Sole Antica, con lo scopo di far conoscere
soprattutto la storia della nostra valle. Documentiamo e pubblichiamo
per tutelare i siti e perché rintracciare le proprie origini non è
solo una curiosità, ma è rintracciare la propria identità e
ricongiungersi ala propria storia.
Nel
corso di una delle prime escursioni dell’Associazione in Val di
Rabbi, località Valorz, alla ricerca del Sas de la Pesta, descritto
da Fiorenzo Degasperi e Mauro Neri (1) e
ancora vivo nel ricordo della popolazione, ma purtroppo quasi
sicuramente distrutto durante dei lavori di sistemazione della
strada, facendoci strada fra felci alte quasi quanto noi, ci
imbattiamo in un enorme masso che, per la forma e la traccia levigata
lasciata sulla roccia da innumerevoli scivolate, fa supporre
possa essere stato usato in antichità come scivolo di
fertilità. Convinzione confermata dal racconto di Maurizio
Zanon “del tempo in cui da ragazzi usavano
scivolare sopra il masso sedendosi su dei rami di rododendri”.
Questa informazione ci dimostra, come avvenuto in altri luoghi, in
che modo si sia scordata la funzione apotropaica del masso e si sia
tramutata e variata in gioco.
Estate
2010: una leggenda che si tramanda tra i paesani ci porta a Ceresè,
dove troviamo nel bosco sovrastante l’abitato un masso di notevoli
dimensioni che presenta sulla superficie superiore delle coppelle
naturali. Lateralmente un incavo molto grande, dove, secondo la
leggenda, veniva poggiata la testa dei bambini ammalati, augurando
loro una pronta guarigione.
Autunno
2012: due nostri associati, Claudio Schwarz e Sonia Valentini, nel
corso di una passeggiata mattutina scoprono nei paraggi del
parcheggio di Cavallar per il lago Corvo una pietra con incise
quattro coppelle. Quasi sicuramente la pietra non è nella posizione
originaria, rendendo così difficile capirne lo scopo.
Primavera
2013: un masso con una meravigliosa esposizione a valle e situato nei
pressi di una sorgiva oramai prosciugata, con una non comune
profondità e grandezza delle coppelle molto ben conservate, ci viene
mostrato da Antonio Mengon che, venuto a conoscenza del nostro
interesse per questo argomento, ci accompagna nel luogo in cui da
ragazzo portava al pascolo gli animali e dove trascorreva il tempo
sul sasso giocando con le biglie, ignorando di avere a che fare con
qualcosa di antico e sacro. Questo masso, con incise 15 coppelle, di
forma circolare irregolare, ben definite e di diverse grandezze, è
secondo la nostra opinione, uno dei più belli e interessanti del
nostro territorio, un ritrovamento che indica quanto era
diffusa l’usanza di incidere le pietre.
Purtroppo
un masso coppellato, da noi mai visto, è “sparito” in località
Cavallar, rimangono solamente delle foto.
Il
nostro interesse però non è rivolto solamente verso le incisioni
più evidenti e facili, ma sono le incisioni più marginali che ci
possono raccontare una storia valliva più fedele al passato.
Domizio
Zanon, ci ha segnalato un masso, posizionato nel giardino di casa
paterna, riportante l’anno 1571 inciso nella pietra. Si
tratta di una pietra utilizzata come travetto di sostegno di una
porta per una abitazione / rustico in località Nigolaia e riporta
l’anno 1571. Da vecchi racconti tramandati dalle generazioni
passate è emerso che l'immobile di Nigolaia era punto di
osservazione di caccia, in contatto visivo con l'abitazione posta in
località Valorz "al Doss" dove soggiornavano i signori di
Caldes.
A
seguito della caduta di una valanga nella predetta località
presumibilmente negli anni 1744 e 1746 (2) che ha portato alla
distruzione del manufatto, è stata portata a valle con altri detriti
fino all'attuale strada provinciale principale della Valle di Rabbi.
Successivamente è stata utilizzata come pietra di sostegno del muro
dei prati o campi soprastanti. In occasione della realizzazione
dell'attuale parcheggio comunale a fianco del Cimitero di San
Bernardo è stata rimossa e stava per essere sotterrata con altro
materiale di discarica. In quell'occasione Giulio Zanon (ex custode
forestale) appassionato di oggetti antichi e di usi e costumi del
passato, vedendo che la pietra riportava scolpito il numero dell’anno
1571 ha chiesto la possibilità di ottenere la pietra ricevendo
risposta favorevole pur con qualche perplessità ("ma le sol en
sas!"); successivamente la collocò all’esterno della propria
abitazione ove è visibile tutt’ora.
Rileviamo
una croce isolata incisa su di un grande sasso spezzato in due, in
loc. Pralongo, sulla destra orografica del fiume Rabbies.
Percorrendo
la strada che dal Plan porta al Fontanin troviamo un’altra croce
filiforme incisa su di un sasso facente parte di un muretto a secco,
su cui troviamo “segni di filatoio” che possono indicare
l’antica usanza apotropaica di ingraziarsi gli dei nei lavori di
campagna, affilando gli attrezzi sulla pietra.
Per
entrambi i massi non riscontriamo indicazioni riguardanti confini,
per questa ragione possiamo considerare le incisioni un’azione di
cristianizzazione di luoghi pagani, croci utilizzate per allontanare
ciò che non si conosceva e faceva paura. Il culto delle pietre,
degli alberi e delle acque, che per le loro caratteristiche
divenivano altari all’aperto dove si adoravano gli idoli con riti e
danze rituali, sono stati trasformati, dove possibile, in luoghi di
culto cristiani e dove non poteva accadere la Chiesa li etichettava
semplicemente come luoghi di superstizione, rimuovendone la memoria.
In
località Acque la chiesa di S.Anna di forma rettangolare con
un’abside semicircolare verso il bosco, era in origine di forma
ottagonale (3).
Un
particolare che può raccontarci un altro tassello di storia della
valle. Molti templi religiosi hanno usato l’architettura quale
forma di linguaggio e comunicazione. La forma ottagonale utilizzata
anche per i battisteri a sottolineare l’unione di Dio, è un
simbolo di resurrezione, mediazione tra la terra e il cielo, l’unione
di Dio con l’uomo. Il numero otto è fra i simboli più antichi ed
utilizzati dall’uomo e da numerose culture tra cui quella
Cristiana “..era giusto che l’aula del Sacro Battistero
avesse otto lati, perché ai popoli venne concessa la vera salvezza
quando, all’alba dell’ottavo giorno, Cristo risorse dalla
morte…” (Sant’Ambrogio, IV sec. d.C.).
La
chiesa sorge nelle vicine delle acque termali. Acque che da sempre
hanno suscitato stupore e interesse nell’antichità, numerosi
esempi di culti dell’acqua confermano la sacralità del luogo, dove
emerge il ruolo attivo che avevano le donne nei rituali. Le vecchie
religioni concentravano l’attenzione su figure femminili e da qui
il passo è breve a travisare e collegare direttamente o
indirettamente il fenomeno alla “stregoneria”, sradicando quelle
credenze con leggende, superstizioni e racconti di cui la valle
abbonda, innescando nelle persone il timore della natura selvaggia e
incontrollabile.
Gli stessi massi coppellati spesso sono accompagnati da leggende stregonesche. Singole coppelle incise sulle soglie o nelle immediate vicinanze di entrate d’abitazioni le troviamo a Ceresè, Pracorno e Mattarei, segni che solitamente venivano incisi per tenere lontane le streghe.
Le “Mille leggende del Trentino” (1), identificano streghe in località Valorz e personaggi tenebrosi alle Marinolde. Secondo la leggenda, il Castello del Buonconsiglio prima si chiamava Malconsiglio a causa delle streghe che infestavano la Torre d'Augusto e che furono cacciate dopo il Concilio di Trento (1545-1563). Si sarebbero rifugiate, poi, in Val di Sole presso S.Bernardo di Rabbi dove vivrebbero tuttora.
In località Tassè, Roberto Dallavalle, ci ha condotto ai “Busi delle Strie”. Si racconta che le streghe andassero a sbattere la testa contro la roccia producendo un gran baccano e urla orripilanti.
Nella memoria degli anziani di Somrabbi è ancora vivo il ricordo del “Sass del Gat”, sfortunatamente andato distrutto nel corso di lavori e molti altri racconti simili si tramandano nelle tradizioni popolari.
Le ricerche naturalmente continuano, la valle è grande, gli studi, gli approfondimenti e le uscite sul territorio occupano parecchio tempo. Teniamo a sottolineare l’enorme importanza che riveste la gente del luogo con la propria collaborazione, col tramandare conoscenze così come leggende che altrimenti andrebbero perdute per sempre.
Per approfondire il tema riguardante le coppelle e le altre scoperte effettuate in valle, vi invitiamo a leggere i nostri articoli pubblicati sul sito: www.valdisoleantica.net.
E se volete partecipare ai nostri incontri, escursioni e gite ci potete trovare presso la biblioteca di Dimaro alle ore 21.00, le date sono sul sito.
1-
“Aqua – sorgenti, laghi e
fiumi Trentini e del Nord-Est” ed. Curcu&genovese di Fiorenzo
Degasperi, “Mille leggende del Trentino” di Mauro Neri;
2-
Da una ricerca di Franco Dallaserra pubblicato su Rabbi Informa:
“dalle cronache si legge nel
1744 dalla valle Nigolaia, causa una frana, si staccò una frana nei
pressi della Malga Garbela che arrivò fino al torrente Rabbies
travolgendo nella discesa gran parte del Cimitero, fatto poi fatto
ricostruire dal conte Antonio Thun, comandante in zona e proprietario
di diversi immobili in Val di Rabbi; anche nell’anno 1746 scese una
frana dalla val Nigolaia che danneggiò il cimitero e la Chiesa che
all’epoca insisteva nella Piazza di San Bernardo”;
3-
“La chiesa di S.Anna in Rabbi”
–Centro Culturale “Fogolino” – Trento;
4-
it.wikipedia.org/wiki/Trento.