2011_Malè Chiesa San Biagio - Val di Sole Antica

associazione VAL DI SOLE ANTICA
Val di Sole Antica
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Malè Chiesa di San Biagio
di Franca Emanuelli e Angela Valentinotti

Le prime notizie riguardanti la chiesetta di S. Biagio la indicavano come “capella episcopatus”, dunque come edificio di proprietà vescovile, e risalgono all’anno 1270, anno in cui si trovava già in uno stato di quasi totale rovina. Il Vescovo di Trento Egnone di Appiano affidava provvisoriamente la gestione della cappella con l’annesso latifondo al priore dell’ospizio di Campiglio, l’anno successivo veniva donata definitivamente all’istituzione di Campiglio. Nel 1302 la chiesetta e il priorato di Campiglio venivano esentati da ogni giurisdizione civile e dal contributo di qualunque balzello, nell’anno 1309 il privilegio gli veniva tolto per essere nuovamente restituito nel 1452. La famiglia Thun, nel 1551, ne acquisiva i diritti e nel 1579, documenti pastorali, riportavano lo stato di piena rovina in cui versava. Nel 1595 la cappella passava di proprietà del Seminario Vescovile. Una nuova visita nel 1672 ne attestava lo stato di decadenza e nel 1695 la situazione era addirittura peggiorata tanto da interdirne il culto. Nel 1742 dei visitatori la trovarono risistemata ma nel 1766 le condizioni della cappella risultavano nuovamente precipitate. La nostra chiesetta nel 1859 non figurava più nelle mappe catastali austriache e se ne perdeva memoria.
Scoprire che nel nostro paese è esistita una così antica ed intrigante chiesetta, di cui non vi è più traccia né memoria, ci ha appassionati a tal punto da volerne approfondire la storia. Spulciando tra polverose librerie e moderne biblioteche, abbiamo ricostruito la storia ufficiale degli eventi che hanno maggiormente interessato la nostra chiesetta. Non appagati dalle sole letture decidiamo di cercare testimonianze di coloro che vi hanno dimorato.
La signora Bianca, nata e vissuta a S. Biagio fino al 1971, racconta: “ricordo che nel “volt dele patate” della Cesira vedevo un’acquasantarola in pietra e che la Cesira trovava delle ossa nell’orto di casa.”, rammenta inoltre: “Il mio papà mi raccontava che la gente diceva che in quel luogo c’erano dei frati, che la strada che arriva da Terzolas era molto importante perchè era una via di pellegrini, che nel bosco sopra i prati si teneva il “mercato del bosco” e che il confine tra Malè e Terzolas divideva in due la loro abitazione.”La chiacchierata con Bianca ha confermato molte delle informazioni trovate sui vari libri, stimolando ulteriormente la nostra curiosità e caparbietà nel voler trovare prove concrete. Determinati ci rechiamo dagli attuali proprietari di S. Biagio spiegando loro i nostri intenti. Alessio ci conferma l’esistenza di un manufatto nella cantina, probabilmente utilizzato in passato per dare il sale agli animali. Ci accompagna nel “volt” dove ammiriamo coi nostri occhi l’ambita acquasantiera. Esiste veramente! E’ l’acquasantiera descritta da Giuseppe Gabrielli in un articolo apparso in “La Val”, XI (1983). I nostri sforzi sono stati premiati. Con questo ritrovato manufatto finalmente abbiamo la conferma materiale dell’esistenza della “nostra” chiesetta di S. Biagio.
Qualche giorno dopo il destino ci ha riservato un altro gradito dono. Passeggiando lungo l’antica via di pellegrinaggio, nei pressi della Cappella di S. Biagio, notiamo una croce incisa sulla sommità di una pietra. Come da copione la puliamo dalla terra e dal fogliame attendendoci l’ennesima croce di confine. Meravigliati scopriamo invece che si tratta di una pietra lavorata a mano, a forma di parallelepipedo, con incisa sulla sommità una croce latina patente. Osservando attentamente la pietra troviamo, su tre lati, incise delle lettere: “M”-“T”-“IO”. Dalle ricerche svolte scopriamo l’ipotesi avanzata da Iginio Rogger. Lo studioso registra che “la frequenza con cui ricorre in regione il patrocinio di S. Biagio differenzia nettamente l’area tridentina da quella delle diocesi limitrofe, sono infatti ben diciassette le chiese dedicate a questo santo nell’area pertinente all’antica diocesi di Trento”. In tutti i casi si tratta di chiese minori, prive di antichi diritti parrocchiali, più quattro località i cui toponimi ricordano l’esistenza di chiese scomparse e la dedicazione a S. Biagio della cappella palatina di Trento. Alla luce di questi dati Rogger ipotizza che l’agionimo San Biagio possa marcare, a partire dal sec XI, l’esistenza di castelli vescovili, disseminati sul territorio con funzioni amministrative. Non a caso adiacente alla chiesetta esisteva una struttura castellana, oggi trasformata in maso. Il nostro ritrovamento, alla luce di quanto sopra esposto, può indicare la divisione tra territori con competenze diocesane.
Analizzando l’attuale abitazione che inglobava la chiesa e il contesto che la circonda, possiamo ipotizzare che anticamente l’abside della chiesa fosse esposta a Sud-Est e dopo il rinascimento, periodo di grandi cambiamenti, la chiesa sia stata letteralmente capovolta, cioè l’abside esposta a Nord-Ovest. Esaminando l’edificio, vediamo un arco, appartenente alla struttura originale della chiesa ed ora murato ed in parte interrato, analogamente troviamo un arco al maso sovrastante, anch’esso parzialmente sotterrato. Non di meno a monte delle abitazioni vi è un conoide di deiezione, cioè un corpo sedimentario costituito da un accumulo di sedimenti sceso a valle. Questo ci aiuta a dedurre che in antichità una frana di notevoli dimensioni è scesa dal monte sovrastante l’abitato, invadendo la chiesetta, e probabilmente accelerando il definitivo abbandono. Quando l’edificio è stato nuovamente riutilizzato come maso, i detriti all’interno della chiesa sono stati gettati all’esterno delle mura assieme alle sepolture che vi si trovavano, il pavimento è stato ripulito e scavato in profondità rispetto all’originale. Questo spiegherebbe il perché l’acquasantiera si trova in posizione più elevata del consueto e “le ossa che trovava la Cesira”. Altro punto saliente, da tenere in considerazione, è che diversi studiosi tra la fine dell’800 e gli inizi del 900 attestavano come il priorato di Campiglio e conseguentemente la chiesa di San Biagio, fossero gestiti dall’ordine dei Cavalieri Templari, i quali avevano non pochi possedimenti in Val di Sole. L’argomento verrà approfondito in un libro di prossima pubblicazione.
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