L'ANTICA VIA DELLA VAL MONTOZZO - PEIO (TN) - 25 settembre 2016

di Franca Emanuelli

In una frizzante mattina di fine settembre dal cielo terso, c’incamminiamo verso la Val Montozzo, a destra del lago di Pian Palù, per studiare il percorso mesolitico d’alta quota che collegava la Val Camonica con la Val di Pejo. La via è stata riconosciuta da più ricercatori in seguito ai numerosi rinvenimenti archeologici e massi coppellati, supposizione che avvalora l’importanza avuta in epoca antica dalla Valletta.

Il sentiero, giunti al lago, prosegue fra il verde: la superficie dell’acqua è un gioco di riflessi dei monti circostanti. Ad un certo punto la via s’inerpica salendo a zig-zag, mostrando magnifici panorami. Lungo un crinale degli stambecchi si stagliano contro il blu del cielo. La valle ora si apre in un paesaggio quasi morbido, non v’è più vegetazione ed un torrente, serpeggiando, attraversa il fondo della valle. Il silenzio è rotto solo dal rumoroso scorrere delle sue acque e dal campanaccio di qualche mucca che bruca intorno ad un riparo. Una marmotta ci avvista e lancia un fischio che squarcia l’aria. A 2.425 metri, a destra del sentiero, Giuliano nota una singola coppella fra i ruderi di vecchie costruzioni in pietra, forse un cardine per porta… Malga, riparo, abitazione? Eseguiamo i rilievi di rito e perlustriamo la zona. Alcuni scavi fatti dalle amiche marmotte per le loro tane ci regalano dei resti di carbone. Molti. Troppi. Formano un’intera collinetta, scopriamo grazie al loro scavare. Sondaggi naturali. Un altro punto su cui indagare.

Giorni dopo, parlando con una persona di Pejo, questa ci spiega che anticamente in tutta la valle c’erano molti carbonai, anche ad alta quota., tant'è che attorno a questi uomini sono nate varie leggende e racconti. Nella ricerca di ulteriori informazioni abbiamo contattato il Direttore del Distretto Forestale di Malè Fabio Angeli, con cui condividiamo informazioni e scoperte, che in questo caso ci ha battuto sul tempo! Incuriosito, ha esaminato il carbone trovato sulla collina utilizzando la dendrocronologia ed il risultato più evidente è che il carbone non può essere stato fatto prima del 1839. A quei tempi il territorio era proprietà di Ponte di Legno, probabilmente si trattava di carbonai lombardi. Questo spiega la presenza della collinetta, rimasta quale muta testimonianza del duro lavoro che si svolgeva in montagna fino al ’900 circa.

Proseguiamo il nostro cammino arrivando alla Forcellina di Montozzo a 2.613 mt. Incontriamo qui anche i primi esseri umani della giornata. Qualcuno è salito da Pejo, i più dalla Via Camuna. Sul passo resti di trincee, monumenti della guerra ed un panorama mozzafiato. Ci fermiamo a gustarcelo ed a cercare di capire, dai pochi indizi cartacei della ricerca svolta da Ausilio Priuli (1) , dove possano essere i massi coppellati che cerchiamo. Ciò implica di scendere fino quasi al rifugio A. Bozzi al Montozzo a 2.478 mt., su di un pianoro leggermente sovrastante. Ed eccole, a 2.522 mt., 3 coppelle molto consunte su 2 massi. Purtroppo il luogo è stato teatro della grande guerra, le trincee sono ancora visitabili, quindi sicuramente il luogo è stato “compromesso”. Luca ed io chiediamo informazioni al personale del rifugio. Ci rispondono che “In zona non esiste assolutamente nulla d’archeologico ma solo la guerra”, nonostante foto e descrizione che abbiamo mostrato loro. Ma il nostro “cercatore” Giuliano, che ci attendeva fuori dal rifugio, scopre nei pressi del Laghetto di Montozzo, a 2.477 mt., una coppella di dimensioni notevoli! Ok, non sarà Otzi, ma pur sempre di una scoperta archeologica si tratta! Bene. Ora, soddisfatti ritorniamo alla Forcellina. La salita da questo versante è faticosa ed il caldo anomalo di questa giornata non aiuta. Camminiamo in silenzio, ognuno perso nei propri pensieri, nel proprio vedere, nel proprio sentire. Gli stambecchi sono sempre lì, attaccati alla roccia come ventose ed un vitellino nato da pochissimo ci osserva curioso. La strada del rientro, come spesso accade quando si va in montagna, sembra più lunga dell’andata, le ombre calano lentamente ed i bramiti dei cervi in amore echeggiano nella valle. Anche le frequenti soste per gustarci i lamponi succulenti che crescono a lato del sentiero, ci fanno tardare il rientro.

La nostra “prova” è giunta al termine e direi promossa a pieni voti. Il tragitto è praticabile dalla Valletta fino alla Valle di Viso senza grosse difficoltà. Anzi come dice sempre un nostro associato, “quasi con le mani in tasca”!

 

(1) Ausilio Priuli - "Incisioni rupesri e siti preistorici ad alta quota" Note preliminari relative alle ricerche in corso in Val di Pejo, alta Valle Camonica e alta Val Furva.